Monitorare la performance: i KPI per la gestione del personale

Piccola azienda metalmeccanica dell’hinterland milanese. La società esiste già da sessant’anni, ma il nuovo presidente, pronipote del fondatore, vuole applicare alla gestione tradizionale finora utilizzata metodologie più moderne. Ad esempio, dedicare maggiore attenzione ai processi aziendali. Ha da poco assunto una nuova HR, giovane ma già dotata di una certa esperienza, convinta, come lui, dell’importanza di investire nel capitale umano per assicurare il futuro dell’azienda. Entrambi ritengono che si debbano monitorare i processi di gestione del personale, per vedere se ci sono punti deboli e criticità. Come fare? E’ qui che intervengono i KPI (Key Performance Indicators). Se i Critical Success Factors (CSF) sono più connessi con la strategia di un’impresa, i KPI sono invece orientati al controllo operativo, e perciò più adatti a monitorare i processi aziendali. Però il legame tra i due tipi di misurazione è molto stretto: valutare con i KPI le prestazioni dei processi permette di giudicare quali tra loro siano più critici per il raggiungimento degli obiettivi strategici stabiliti con i CSF.
Che cosa sono i KPI?
I KPI possono essere definiti come una misura qualitativa e/o quantitativa utilizzata per valutare il successo di un’organizzazione, o anche solo di un dipendente, nel raggiungimento degli obiettivi di performance. In italiano vengono anche definiti indicatori chiave di prestazione (ICP), o indicatori essenziali di prestazione (IEP). Nei KPI si distinguono di solito quattro categorie: gli indicatori generali, di qualità, di costo e di servizio. Gli indicatori devono essere scelti secondo le caratteristiche dell’azienda, in quanto vanno a misurarne aspetti specifici. Il livello di servizio, ad esempio, può avere come indicatore la flessibilità nei confronti del cliente, mentre la qualità della prestazione può considerare la percentuale di scarti e di resi. Un criterio per la scelta di tali indicatori è definito in inglese con l’acronimo SMART (Specific, Measurable, Attainable, Relevant, Time-bound). Ovvero essi devono essere specifici, misurabili, raggiungibili, rilevanti, legati a un tempo determinato. Come si vede, si tratta di indicatori concreti e quantificabili, non definiti una volta per tutte ma relativi ad un particolare momento temporale, adattabili ai cambiamenti. Per la loro qualità di indicatori specifici, non devono essere molti: c’è chi parla di una ventina per ciascuna area, chi di meno di dieci. Quello che conta è che abbiano i requisiti sopra indicati. La scelta dei KPI dovrebbe essere condivisa: i manager, l’HR, i responsabili delle aree interessate, i dipendenti stessi possono condividere la definizione degli indicatori più idonei al monitoraggio dei processi aziendali. Tanto più che essi devono essere specifici per ogni area critica individuata: ci saranno dei KPI per l’area di progettazione, per quelle di produzione, di manutenzione, per il settore commerciale, ecc.
KPI e gestione del personale

Torniamo all’esempio iniziale. Un management attento al proprio capitale umano dovrebbe monitorare costantemente l’andamento dei processi in questo settore, con l’aiuto dell’HR e di tutti gli strumenti tecnologici in possesso, a partire dalla piattaforma HR. Il sistema gestione presenze, il software gestione corsi, insomma tutti gli strumenti che possano fornire dati in questa area rappresentano un ottimo punto di partenza per la definizione e l’applicazione di KPI specifici, misurabili, raggiungibili, rilevanti e temporali.

Ad esempio, la misurazione dell’efficienza passa attraverso la quantificazione del tasso di assenteismo o del rapporto tra ore di straordinario e ore contrattuali. La formazione rappresenta un elemento importante per la soddisfazione del personale: si possono valutare la percentuale di personale formato rispetto al totale, l’efficacia della formazione somministrata e i costi relativi. E sono indicatori chiave anche la percentuale di turnover, i tempi medi di permanenza del personale all’interno dell’impresa o in una determinata posizione, l’indice di produttività, la valutazione e la soddisfazione dei talenti, i tempi e le modalità di reclutamento. E ancora: la disparità di genere, ovvero il rapporto donne/uomini che lavorano nell’impresa, o il rapporto tra lavoratori a tempo pieno e part/time.

Come si è già detto, per la maggior parte degli indicatori il management o l’HR possono trovare i dati necessari nella piattaforma HR. Meglio ancora se questa prevede anche l’elaborazione dei dati e li restituisce sotto forma di grafici personalizzati, mettendo la gestione del personale a portata di click.

Come fa la piattaforma HR-Assistant

Valutare la performance aziendale

Le difficoltà che le aziende stanno attraversando, prima per la crisi economica serpeggiante poi per la pandemia conclamata, ha costretto spesso i manager a concentrarsi sull’immediato, sulla gestione quotidiana, limitando la pianificazione al breve o brevissimo termine. Tuttavia, sarebbe meglio guardare un po’ più in là e sfruttare tutti gli strumenti disponibili per analizzare i processi dell’azienda, per valutarne le criticità, per evidenziare i punti forti e i punti deboli e pianificare eventuali azioni correttive. Solo un attento monitoraggio dei processi può consentire di comprendere se gli obiettivi pianificati sono raggiungibili, anche in un periodo critico come questo, o valutare le azioni per accrescere l’efficienza del sistema.

Quindi il controllo di gestione rappresenta un passaggio obbligato per comprendere quale sarà la performance aziendale. Ma esso non dovrebbe limitarsi solo ai risultati economici, bensì monitorare, ad esempio, la cultura organizzativa dell’impresa, quell’insieme di valori, comportamenti e relazioni che la caratterizzano, all’interno e all’esterno. In una parola, tutti quei fattori umani che per molti aspetti rappresentano l’impresa.

Quali strumenti?

Quali sono gli strumenti per mettere in atto questo monitoraggio?

Non è certo nostra intenzione affrontare un tema così vasto e complesso; ci interessa solo porre l’attenzione su un’area di indagine, quella dei risultati sociali. All’interno di un’azienda, essi identificano il livello di soddisfazione di tutti coloro che vi sono coinvolti, dai dipendenti al management, alla proprietà; all’esterno, il grado di fiducia che l’impresa riscuote da parte di finanziatori, stakeholders, mondo politico, pubblica amministrazione.

Riguardo al personale, spesso le aziende sono senza saperlo già in possesso di buona parte dei dati necessari per le valutazioni grazie ai software gestionali, non ultimo il software HR: a titolo di esempio i dati che provengono dalla gestione ferie e permessi, da cui si ricava il tasso di assenteismo, che, se è elevato, può indicare una condizione di malessere dei dipendenti.

La definizione di indicatori per la pianificazione e il monitoraggio richiede di riflettere su almeno quattro requisiti: completezza, rilevanza, flessibilità, comprensibilità.

Concentriamoci brevemente sugli ultimi due. La flessibilità consente di modificare gli indicatori in funzione delle variazioni nell’ambiente circostante e delle strategie dell’impresa; la comprensibilità permette che i risultati della misurazione possano essere diffusi all’interno dell’impresa e che tutti possano condividerli.

Alcune tipologie di indicatori

Esistono diverse tipologie di indicatori. Qui accenneremo brevemente ad uno di essi, i CSF, più adatti alla fase di pianificazione, ma applicabili anche al controllo strategico per la loro flessibilità. Tratteremo successivamente con più spazio i KPI, perché più strettamente connessi con il monitoraggio. I CSF (Critical Success Factor), ovvero i “fattori chiave di successo”, possono essere usati sia per il sistema informativo gestionale che per l’analisi dei requisiti. Essi rappresentano le aree chiave i cui risultati garantiscono all’organizzazione una performance di successo. Perciò il management dovrebbe dedicare loro una particolare attenzione.

Essi possono essere identificati in quattro tipi principali. Il primo riguarda i fattori industriali, intesi come la caratteristica specifica del settore a cui appartiene l’impresa: ad esempio, nel caso di una start-up innovativa, proprio l’innovazione rappresenta un CSF.

Il secondo identifica i fattori ambientali, sia interni che esterni, come il clima aziendale, lo sviluppo tecnologico, la concorrenza.

Il terzo considera i fattori strategici, più strettamente connessi alla pianificazione in quanto risultato della strategia competitiva che si è definita. Rientra in questo CSF il posizionamento che si ricerca per l’azienda e le sue dimensioni in termini di produzione e di marketing.

Infine vi sono i fattori temporali, legati ai cambiamenti e alla crescita interna: perciò tendono a essere di breve durata e a modificarsi a seconda delle barriere, delle sfide e delle influenze che si possano presentare.

L’identificazione dei CSF è prioritaria per la definizione dei KPI (Key Performance Indicators). Ma di questo riparleremo, perché, come già detto, si connettono maggiormente all’attività dell’HR. Poiché sono criteri specifici e misurabili, devono fondarsi sui dati in possesso dell’azienda, molti dei quali già disponibili in una piattaforma HR, come quella proposta da HR-Assistant, ma spesso poco sfruttati per il monitoraggio e la valutazione dei processi aziendali.

 

Strategia aziendale: quali strumenti?

Cancelliamo questo infausto 2020. Immaginiamo di tornare indietro al dicembre 2019. Le vacanze di Natale si avvicinano, si fanno piani per andare a sciare, o si programma un viaggio all’estero. Nelle aziende è tempo di bilanci: come è andato l’anno che si sta concludendo, quali sono state le criticità, quali obiettivi sono stati raggiunti e quali no. E’ anche il momento di verificare o ripensare la strategia aziendale, senza la quale le cose procedono un po’ a caso, probabilmente con falle ed errori, sicuramente con dispersione di energie e inefficienze.

C’è ancora uno spazio per la pianificazione strategica?

Perché siamo voluti tornare al 2019? Perché, ben prima che comparisse la pandemia di Covid 19, la competizione globale in cui viviamo da anni ha costretto le aziende a concentrarsi non tanto sulla pianificazione strategica quanto piuttosto sul vivere alla giornata, cambiando rapidamente processi e prodotti per adeguarsi alle novità introdotte dalla concorrenza. O, peggio, a concentrarsi sulle tecniche di sopravvivenza, sul restare a galla, per non essere eliminati o assorbiti da un “pesce” più grosso.

Ma non sarebbe più utile ed efficace dedicare, a intervalli programmati, uno spazio, anche piccolo, per riflettere sui punti forti e i punti deboli dell’azienda e su come migliorarla? Uno spazio per pensare agli obiettivi e ai mezzi per raggiungerli, proiettandosi in un futuro più lontano del prossimo mese?

Gli studi teorici almeno da mezzo secolo ci insegnano che nel momento in cui si crea un’azienda bisogna aver chiari la sua mission, la sua vision, gli obiettivi, le strategie, e che bisogna monitorare i processi definiti e verificarne costantemente la validità.

Certo una buona pianificazione strategica non basta per ottenere i risultati prefissati: nella storia di un’azienda entrano in gioco fattori come la competenza del management, il contesto e, perché no, la fortuna. Questa però può essere controllata proprio attraverso una buona strategia, che tenga conto di possibili imprevisti. Naturalmente non dell’insorgenza di un’epidemia planetaria.

La performance aziendale

Non vogliamo qui analizzare in profondità gli elementi fondanti di una buona pianificazione strategica. Ci limiteremo a osservare un aspetto di questa, il monitoraggio. In questo campo molti dati utili per controllare i fattori interni di minaccia o di opportunità sono a portata di mano, contenuti nella piattaforma HR. Bisogna solo saperli utilizzare. Cerchiamo di definire il concetto di performance aziendale.

Essa rappresenta un insieme di processi analitici, fondati su dati oggettivi, che misurano le prestazioni di un’impresa, ovvero la sua capacità di conseguire gli obiettivi previsti in condizioni di efficienza e di efficacia. Gli indicatori su cui si fondano le analisi devono essere specifici per ogni area che si va a considerare. Possono riguardare la redditività, la crescita, le prestazioni sociali, ma anche le competenze aziendali o la gestione delle misure finanziarie necessarie alla crescita. In generale devono evidenziare il bilanciamento dei risultati rispetto agli obiettivi in aree chiave, e insieme permettere una valutazione del proprio posizionamento nei riguardi dei concorrenti.

HR software per le PMI e analisi dei dati

Gli indicatori che si scelgono sono quindi importanti, perché stanno alla base delle scelte successive del management. Devono anche essere significativi, nel senso che devono rappresentare appieno ciò che si vuole misurare. Siano essi qualitativi o quantitativi, devono poter essere confrontabili nel tempo (oggi rispetto a ieri) e nello spazio (noi rispetto ai concorrenti). Ogni pianificazione o programmazione deve partire da lì, perché i processi volti al cambiamento e al miglioramento abbiano un fondamento solido e non emozionale.

Torneremo sull’argomento. Per adesso ricordiamo che HR-Assistant offre un HR software per piccole e medie imprese capace di raccogliere i dati necessari alla misurazione della performance ed è in grado di aiutare le PMI ad effettuare le valutazioni e le scelte strategiche che appaiano necessarie. Per approfondire: visita il sito.