INel film del regista israeliano Eran Riklis Il responsabile delle risorse umane (2010), il personaggio del titolo deve viaggiare da Israele a un Paese dell’Est europeo accompagnando a casa, tra mille difficoltà, il corpo di una dipendente della sua azienda, morta in un attentato.
Un caso estremo, naturalmente. Però il ruolo HR abbraccia svariate mansioni, anche se spesso, specie nelle PMI, viene sottovalutato. Ma forse si stanno aprendo nuove prospettive.
Che cosa dovrebbe fare il responsabile HR…
Non è facile determinare con precisione le mansioni del responsabile HR. E’ un ruolo sfuggente, che va dall’area amministrativa a quella organizzativa. E poi un’Impresa può avere un dipartimento del personale con molteplici funzioni, mentre un’altra, con pochi dipendenti, un singolo impiegato addetto solo ad attività di routine.
Grande azienda multinazionale. L’ufficio del personale segue tutta la vita del dipendente, dal reclutamento, all’assunzione, all’inserimento, alla formazione, fino alla fine del percorso in azienda, per dimissioni, licenziamento o pensionamento. All’interno dell’ufficio possono esserci figure dedicate a ciascuna di queste fasi, coordinate da un responsabile. Ci sono impiegati addetti all’amministrazione, alla registrazione delle presenze, all’organizzazione delle trasferte, alla raccolta delle note spese, alla predisposizione dei cedolini.

Il responsabile di quest’ufficio, in accordo con i capi intermedi e i dirigenti, prende le decisioni sulle risorse da assumere, esamina i percorsi di carriera, discute le eventuali azioni disciplinari, le politiche di retribuzione, e così via. E’ suo compito anche provvedere alla crescita professionale e alla formazione continua del personale, attuare azioni di retention dei dipendenti, specie dei talenti.
…e che cosa (più o meno) fa
Ma è davvero così? L’ISTAT ha pubblicato lo scorso anno il Rapporto sulle Imprese 2021, basato sulla prima rilevazione (2019) del Censimento permanente: sulle 4,4 milioni di Imprese non agricole, che impiegano 17,4 milioni di lavoratori, solo lo 0,7% sono Imprese Medie o Grandi (più di 50 addetti).
Le Piccole Imprese (10-49 addetti) sono poco più del 4%. Delle restanti, il 60% sono ditte individuali, quasi il 35% ha meno di 9 dipendenti. E’ quindi difficile pensare ad un ufficio del personale come quello che abbiamo descritto. La maggior parte si arrangia come può, ad esempio con una segretaria tuttofare e un consulente esterno per le paghe.
Quindi la gestione del personale è affidata spesso a figure ibride, chiamate HR generalist, a sottolineare la “generalità” delle loro funzioni. Un po’di attività nella selezione del personale, un po’ nell’amministrazione, dalla gestione dei contratti alla registrazione presenze.
Molte funzioni sono delegate all’esterno, a partire dal reclutamento. Il rapporto citato dell’ISTAT riporta che nel 2019 il 70% delle Imprese che hanno effettuato assunzioni si è servito, per individuare potenziali candidati, di canali vari, come agenzie private per il lavoro, inserzioni sui media o sul sito web, in qualche caso enti locali o agenzie per l’impiego. Le Imprese più piccole si sono invece affidate spesso a modalità informali, come segnalazioni interne o esterne da parte di qualcuno vicino all’azienda. In un sistema così variegato, i responsabili HR riescono davvero a definire politiche di reclutamento del personale?
Anche l’elaborazione dei cedolini viene spesso affidata all’esterno. I commercialisti o i consulenti del lavoro ricevono dalle Imprese i dati di presenze, ferie e permessi, inquadramento contrattuale, e si occupano di tutto quello che riguarda fogli paga e adempimenti previdenziali e assicurativi.
Questa esternalizzazione di compiti può presentare dei vantaggi, lasciando all’HR più tempo per dedicarsi agli aspetti “umani” della gestione del personale: formazione, coinvolgimento dei dipendenti, coordinamento con i manager di linea. A volte, però, le difficoltà contingenti e il timore di aumentare i costi portano la direzione a restringere i compiti degli HR all’ordinaria amministrazione e a limitare i possibili spazi di sperimentazione.

Un’indagine sulle aspettative di HR e manager aziendali
Una ricerca promossa da Cornerstone OnDemand, Inc., dal titolo “Future People. Workplace Evolution in the Age of Digital Transformation”(2016), prende in esame i cambiamenti portati dalla trasformazione digitale. Lo studio ha analizzato le interviste a 1352 HR manager e responsabili di linea di 16 Paesi europei in aziende con più di 500 addetti.
Lo studio conclude la sua analisi sottolineando la necessità di ripensare la funzione HR. Spesso esiste un disallineamento tra HR manager e responsabili di linea, perché le due funzioni restano distanti. Sarebbe perciò necessaria una maggiore comunicazione e una integrazione profonda tra bisogni e aspettative degli uni e degli altri.
La funzione va rivista anche al fine di migliorarne l’efficienza e di introdurre le innovazioni permesse dai nuovi strumenti digitali. In questa prospettiva i responsabili di linea aspirano allo snellimento della burocrazia e vedono al centro della gestione del personale la formazione dei dipendenti e il recruiting interno. A loro volta gli HR manager apprezzano l’introduzione di strumenti digitali per l’analisi dei dati, la valutazione della performance, lo studio dell’andamento delle retribuzioni, e così via.

Insomma, il responsabile HR in un futuro più o meno prossimo dovrà assumere compiti strategici, partecipare alla pianificazione e all’analisi dei processi, superare i limiti in cui è ristretto, reclutamento, formazione e amministrazione.
Le prospettive
Nel dibattito sui modelli di leadership, si vanno affermando alcuni principi che riguardano anche il responsabile HR. Vediamone alcuni.
Caring leadership. Il leader, come un coach, deve impegnarsi nella cura dei dipendenti: preoccuparsi per loro se hanno dei problemi, mostrarsi disponibile ad ascoltarli quando ne hanno bisogno, occuparsi del loro benessere, specie in periodi difficili come quello che stiamo vivendo. Vari studi sembrano dimostrare che il senso di benessere migliora la produttività: quindi il leader deve sviluppare un’interdipendenza tra cura delle persone, performance dell’Impresa, obiettivi da raggiungere. La cura non va considerata una perdita di tempo e risorse, ma un potente strumento di miglioramento.
Adriano Olivetti era senz’altro d’accordo con questo principio, quando diceva: «La fabbrica non può guardare solo all’indice dei profitti. Deve distribuire ricchezza, cultura, servizi, democrazia. Io penso la fabbrica per l’uomo, non l’uomo per la fabbrica».
Diversity Management, ovvero non solo l’accettazione di qualunque genere di diversità, ma la messa in atto di politiche inclusive nei confronti di lavoratori con background e caratteristiche differenti. Integrare lavoratori disomogenei per formazione, interessi, aspirazioni individuali fa scaturire nuove potenzialità.

Esse possono tradursi in maggiore creatività, controllo dei rischi, engagement del personale, benessere dei lavoratori. E alla diversità delle persone deve sempre corrispondere equity, l’uguaglianza di trattamento.
E intanto…
Se il mondo diventa più complesso, le sfide per l’HR manager e l’ufficio del personale si fanno più difficili. La pandemia di Covid 19 ha portato nuove criticità, ma forse anche nuove opportunità.
HR-Assistant, con la sua piattaforma per la gestione del personale, propone soluzioni più razionali ed efficienti a vecchi e nuovi problemi, con moduli studiati per semplificare l’ordinaria amministrazione e potenziare l’inclusione e la partecipazione di tutti.